pp.290, brossura 14x22
Pare che al sopraggiungere dell'estate il quesito più urgente da risolvere sia quello se le feste popolari abbiano ancora una ragione d'esistere, se siano ancora vive nella coscienza della gente, se non vi siano mille altre occasioniper trascorrere diversamente il tempo libero. Con questo contributo si rispolverano aspetti che oggi appaiono dimenticati: il significato che nella società agricola si dava alla festa ed alla sua cerimonialità; la concezione che il contadino aveva del tempo, aordinario e festivo, il rapporto particolare che instaurava coi santi.
Per arrivare ad una conclusione si fa una sosta ad una serie ininterrotta di proverbi, similitudini, modi di dire, giaculatorie, filastrocche; alle connessioni tra medicina popolare e devozione, alle invocazioni ai santi per i fenomeni naturali e il mancato matrimonio tanto da costruire un originale calendario che, pur attenendosi a quello liturgico, tiene conto delle necessità umane, le più variegate.
Accanto ai santi ufficiali la fantasia popolare ha creato la figura di santi che, rispetto ai primi, non hanno alcun rapporto, creando a parte un calendario di santi immaginari. Per concludereci si sofferma sugli equivoci religiosi ossia le preghiere stravolte dallo storpiamento del latino pronunciato con parole dialettizzate in cui non si annullava il senso del sacro e della ritualità.