ASPENIA - VOLUME 94

Aa.Vv.
Dello stesso autore
Editore/Produttore: IL SOLE 24 ORE LIBRI
EAN: 9788871876108



Economico, quello post-pandemia e geopolitico, quello post Afghanistan; esistono non uno, ma due dopoguerra da affrontare. Ne parlano tra gli altri sul numero 94 di Aspenia - rivista diretta da Marta Dassù - Robert Kagan, Jeffrey D.Sachs, Henry Kissinger, Eric Schmidt, Daniel Huttenlocher, Julian Lindley-French, Adam Tooze, Kenneth Rogoff, Giorgio La Malfa, Jean Pisani-Ferry, Daniel Gros, Yuen Yuen Yang, Luigi Gubitosi, Matteo Codazzi Alberto Mattiacci e Stefano Scarpetta. C'è, dunque, un dopoguerra economico, che ad alcuni ricorda gli anni Trenta del secolo scorso, con le sue leve keynesiane; e ad altri evoca invece i vecchi anni Settanta, con il rischio di pressioni inflattive. La pandemia ha costretto tutti a ripensare con urgenza il rapporto tra Stati e mercati, se non altro perché i governi hanno dovuto adottare misure di emergenza non lontane da quelle tipiche dei tempi di guerra - di fatto, in un vero "stato di eccezione". L'aumento generalizzato del debito pubblico - ma anche, in verità, del debito privato - ne è un indice. A complicare il dopoguerra dell'economia c'è un forte tasso di incertezza sugli sviluppi tecnologici, in particolare nei settori più innovativi come quello dell'intelligenza artificiale con le sue infinite applicazioni, implicazioni etiche e conseguenze sul futuro del lavoro. E poi c'è un dopoguerra geopolitico, legato almeno in modo simbolico al ritiro americano e della NATO dall'Afghanistan: segno, per alcuni, del progressivo declino occidentale, all'ombra di un'America che, anche con Joe Biden, si concentra a casa e sulla competizione con la Cina; e indicazione, per altri, che la coesione fra democrazie liberali continua a scricchiolare, a tutto vantaggio dei rivali autoritari. Dal punto di vista della Casa Bianca, l'uscita dal teatro afghano permette agli Stati Uniti di concentrarsi sui due fronti che contano davvero per Joe Biden (e prima di lui per Donald Trump): il dopoguerra dell'economia e la competizione con la Cina (tenendo intanto la Russia sotto controllo attraverso la NATO). Dal punto di vista dell'Europa è decisivo che dal ritiro dall'Afghanistan si capisca quanto sia giusto costruire una capacità di difesa europea. Sono finiti gli alibi: l'America "China first" ha meno riserve di un tempo su un'Europa della difesa; la Gran Bretagna post-Brexit non è certo di ostacolo. L'ostacolo è dentro l'Europa: sono le divisioni fra Stati nazionali in politica estera, è l'assenza di una cultura e di una visione strategica condivise, è l'abitudine ormai patologica a delegare la sicurezza, è, infine, la riluttanza a investire nello strumento militare.

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Economico, quello post-pandemia e geopolitico, quello post Afghanistan; esistono non uno, ma due dopoguerra da affrontare. Ne parlano tra gli altri sul numero 94 di Aspenia - rivista diretta da Marta Dassù - Robert Kagan, Jeffrey D.Sachs, Henry Kissinger, Eric Schmidt, Daniel Huttenlocher, Julian Lindley-French, Adam Tooze, Kenneth Rogoff, Giorgio La Malfa, Jean Pisani-Ferry, Daniel Gros, Yuen Yuen Yang, Luigi Gubitosi, Matteo Codazzi Alberto Mattiacci e Stefano Scarpetta. C'è, dunque, un dopoguerra economico, che ad alcuni ricorda gli anni Trenta del secolo scorso, con le sue leve keynesiane; e ad altri evoca invece i vecchi anni Settanta, con il rischio di pressioni inflattive. La pandemia ha costretto tutti a ripensare con urgenza il rapporto tra Stati e mercati, se non altro perché i governi hanno dovuto adottare misure di emergenza non lontane da quelle tipiche dei tempi di guerra - di fatto, in un vero "stato di eccezione". L'aumento generalizzato del debito pubblico - ma anche, in verità, del debito privato - ne è un indice. A complicare il dopoguerra dell'economia c'è un forte tasso di incertezza sugli sviluppi tecnologici, in particolare nei settori più innovativi come quello dell'intelligenza artificiale con le sue infinite applicazioni, implicazioni etiche e conseguenze sul futuro del lavoro. E poi c'è un dopoguerra geopolitico, legato almeno in modo simbolico al ritiro americano e della NATO dall'Afghanistan: segno, per alcuni, del progressivo declino occidentale, all'ombra di un'America che, anche con Joe Biden, si concentra a casa e sulla competizione con la Cina; e indicazione, per altri, che la coesione fra democrazie liberali continua a scricchiolare, a tutto vantaggio dei rivali autoritari. Dal punto di vista della Casa Bianca, l'uscita dal teatro afghano permette agli Stati Uniti di concentrarsi sui due fronti che contano davvero per Joe Biden (e prima di lui per Donald Trump): il dopoguerra dell'economia e la competizione con la Cina (tenendo intanto la Russia sotto controllo attraverso la NATO). Dal punto di vista dell'Europa è decisivo che dal ritiro dall'Afghanistan si capisca quanto sia giusto costruire una capacità di difesa europea. Sono finiti gli alibi: l'America "China first" ha meno riserve di un tempo su un'Europa della difesa; la Gran Bretagna post-Brexit non è certo di ostacolo. L'ostacolo è dentro l'Europa: sono le divisioni fra Stati nazionali in politica estera, è l'assenza di una cultura e di una visione strategica condivise, è l'abitudine ormai patologica a delegare la sicurezza, è, infine, la riluttanza a investire nello strumento militare.
Dettagli
DatiDescrizione
EAN9788871876108
AutoreAa.Vv.
EditoreIL SOLE 24 ORE LIBRI
Data pubblicazione12/10/2021
CategoriaARIANNA
CollanaASPENIA
Volume94
Pagine312
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