BREVE STORIA DELL`EMIGRAZIONE ITALIANA IN SVIZZERA. DALL`ESODO DI MASSA ALLE NUOVE MOBILITA`

Ricciardi Toni
Dello stesso autore
Editore/Produttore: DONZELLI
EAN: 9788868437312



In fatto di migrazione, la Svizzera rappresenta un caso emblematico e, insieme, un modello ricco di paradossi. Nel 2014, quando per una manciata di voti passò l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, la Svizzera espresse anche la nazionale più cosmopolita del Mondiale in Brasile. È il paese europeo che nel secolo scorso ha conosciuto il tasso d’immigrazione più alto del continente, assorbendo quasi la metà dell’emigrazione italiana del secondo dopoguerra. In settant’anni ha raddoppiato la sua popolazione, passando da quattro milioni agli oltre otto odierni, e la migrazione è al centro del dibattito da sempre. Nel 1948, per la prima volta nella sua storia, la Svizzera firmò un accordo di reclutamento di manodopera straniera, che divenne un modello per i successivi e cambiò per sempre la sua storia e quella del suo principale fornitore di donne e uomini, l’Italia. Paese dal quale, a partire dai trafori dell’Ottocento e per un secolo, sono giunti oltre cinque milioni di persone, la metà solo nel secondo dopoguerra. Ancora oggi, quella in Svizzera è la terza comunità italiana nel mondo. Concepita come temporanea, dopo qualche decennio divenne stanziale e rappresentò il carburante per la crescita e l’espansione dell’economia elvetica. Nessun paese europeo registrò performance così favorevoli e allo stesso tempo un così alto numero di morti bianche, che raggiunsero l’apice con la tragedia di Mattmark. Assopitosi il decennio delle tensioni xenofobe, all’inizio degli anni ottanta venne accantonata una possibile soluzione per migliorare le condizioni di chi contribuiva al progresso e al benessere del paese. Sono ormai lontani gli anni delle baracche, del «non si fitta agli italiani» o dei trentamila bambini clandestini. A tutt’oggi, la Svizzera è l’unico paese al mondo, oltre all’Italia, in cui l’italiano è lingua ufficiale. E l’italianità, pur tra alti e bassi, è riconosciuta, ricercata, apprezzata. Da un decennio si registra la ripresa di una nuova mobilità italiana: alle professioni specializzate si è unito il crescente numero di frontalieri e di chi è alla ricerca di un lavoro qualsiasi. Il rischio è che si ripropongano le questioni di un passato ricco di suggestioni e contraddizioni, che fanno della migrazione italiana in Svizzera un unicum senza precedenti. --

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In fatto di migrazione, la Svizzera rappresenta un caso emblematico e, insieme, un modello ricco di paradossi. Nel 2014, quando per una manciata di voti passò l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, la Svizzera espresse anche la nazionale più cosmopolita del Mondiale in Brasile. È il paese europeo che nel secolo scorso ha conosciuto il tasso d’immigrazione più alto del continente, assorbendo quasi la metà dell’emigrazione italiana del secondo dopoguerra. In settant’anni ha raddoppiato la sua popolazione, passando da quattro milioni agli oltre otto odierni, e la migrazione è al centro del dibattito da sempre. Nel 1948, per la prima volta nella sua storia, la Svizzera firmò un accordo di reclutamento di manodopera straniera, che divenne un modello per i successivi e cambiò per sempre la sua storia e quella del suo principale fornitore di donne e uomini, l’Italia. Paese dal quale, a partire dai trafori dell’Ottocento e per un secolo, sono giunti oltre cinque milioni di persone, la metà solo nel secondo dopoguerra. Ancora oggi, quella in Svizzera è la terza comunità italiana nel mondo. Concepita come temporanea, dopo qualche decennio divenne stanziale e rappresentò il carburante per la crescita e l’espansione dell’economia elvetica. Nessun paese europeo registrò performance così favorevoli e allo stesso tempo un così alto numero di morti bianche, che raggiunsero l’apice con la tragedia di Mattmark. Assopitosi il decennio delle tensioni xenofobe, all’inizio degli anni ottanta venne accantonata una possibile soluzione per migliorare le condizioni di chi contribuiva al progresso e al benessere del paese. Sono ormai lontani gli anni delle baracche, del «non si fitta agli italiani» o dei trentamila bambini clandestini. A tutt’oggi, la Svizzera è l’unico paese al mondo, oltre all’Italia, in cui l’italiano è lingua ufficiale. E l’italianità, pur tra alti e bassi, è riconosciuta, ricercata, apprezzata. Da un decennio si registra la ripresa di una nuova mobilità italiana: alle professioni specializzate si è unito il crescente numero di frontalieri e di chi è alla ricerca di un lavoro qualsiasi. Il rischio è che si ripropongano le questioni di un passato ricco di suggestioni e contraddizioni, che fanno della migrazione italiana in Svizzera un unicum senza precedenti. --
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DatiDescrizione
EAN9788868437312
AutoreRicciardi Toni
EditoreDONZELLI
Data pubblicazione01/02/2018
CategoriaARIANNA
CollanaSAGGINE
Pagine246
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