Alla fine degli anni Cinquanta, in una Milano deserta di mezz'agosto, il caso fa incontrare due giovani donne molto diverse tra loro. Cecilia, nata e vissuta in un paese toscano, ha saputo che le restano pochi mesi di vita, a causa di un tumore. Ha lasciato casa e marito ed è venuta a Milano con la sua bambina per farsi visitare da un famoso professore, che però è in vacanza. Vagando senza meta per la città con la figlia, incontra un'altra donna, che vive a Milano e fa il medico con un'attenzione per il prossimo che è razionale ma anche affettiva. Tra le due nasce spontanea una simpatia che presto si trasforma in una sorta di amicizia. Per la dottoressa questo rapporto insolito, non professionale, è un'occasione per riflettere sulla malattia, sulla scienza, sulla medicina, sull'impegno politico, sul valore della vita individuale e sulla morte. Per la provinciale Cecilia la grande città rappresenta un luogo magico dove può accadere l'impossibile. La donna inizia così un gioco a rimpiattino con la morte, dimostrando un ostinato, mai passivo, anzi oscuramente astuto legame con l'esistenza, sfuggendo alla pietà per seguire un proprio tergiversante percorso. Ma la grande città è popolata anche da esseri maligni e prevaricatori, e persino da "streghe" pronte ad approfittare della sua situazione disperata. In occasione della pubblicazione di questo suo primo romanzo, Laura Conti affermò di aver voluto sottrarre il malato inguaribile "alla concezione comune che di lui si ha come di una persona senza più possibilità di vivere storia, di fare storia, ma solo di morire".