«Ecco come portammo via dall'Africa il povero corpo straziato di bwana Daudi, il dottor David Livingstone, affinché potesse attraversare il mare ed essere seppellito nella sua terra». Così si apre il racconto di Halima, cuoca della spedizione dell'esploratore inglese partito per l'Africa nel 1866, che aveva consacrato gli ultimi anni della sua vita alla spasmodica ricerca delle mitiche sorgenti del Nilo. Una ricerca che non trovò pace nemmeno quando Livingstone, ormai malato e a corto di provviste, venne raggiunto dal giornalista americano Henry Morton Stanley, inviato in suo soccorso dopo che per tre anni se ne erano perse le tracce. Livingstone decise infatti di proseguire, incontrando la morte a Chitambo nel 1873. Furono i fedeli servitori africani a portarne il corpo fino a Zanzibar, sulla costa, da dove avrebbe intrapreso il suo definitivo ritorno nella madrepatria. Nel ripercorrere l'ultimo rocambolesco viaggio della salma di Livingstone in terra africana, Petina Gappah dà voce a chi nella storia non ne ha mai avuta, e getta una luce nuova su un'epopea dolorosa e spesso mistificata. Spingendosi oltre il paradigma del «cuore di tenebra», le parole taglienti di Halima e quelle intrise di religiosità di Jacob - schiavi affrancati scelti dall'esploratore per accompagnarlo nella sua impresa - raccontano il dramma di un'umanità depredata, ma anche una vicenda fatta di devozione, amore e profondo riscatto.