«Sono diventato scrittore per nostalgia, per la mancanza del mare e per le mie isole e terre australi» dice Francisco Coloane per spiegare una strana e potente vocazione, quella che ha fatto di lui l'originalissimo e sofferto cantore del mondo alla fine del mondo. Più che da maestri e autori, infatti, Coloane si sente forgiato dai venti e dalle maree australi; più che da correnti e circoli letterari, si riconosce influenzato dalle riunioni serali intorno a un focolare in cui la gente parlava di navi stregate, di folletti e santi. La letteratura, insomma, risponde a una spinta intima, alla chiamata nostalgica e viscerale di quel mondo amatissimo che nel corso della vita lo scrittore cileno perderà e ritroverà diverse volte. Perché, da buon fuegino temprato dal lavoro nei campi e sulla coperta di una nave in condizioni climatiche proibitive, ha sempre il fagotto pronto per partire e sa che avere piedi in buone condizioni e mani grandi e forti per fare un po' di tutto è l'unica vera garanzia di libertà. E così, Coloane condurrà quell'esistenza degna del protagonista di un romanzo d'avventura che ci racconta, ormai novantenne: in giro per mare e per terra sarà mandriano, falegname, venditore di carbone, cronista di nera e di sport, attore di teatro, attivista politico ed esiliato; vivrà in modo partecipe e doloroso il suo tempo e le tragedie del suo paese, dall'immane sterminio degli indios al colpo di stato di Pinochet, e farà questo lungo e affascinante cammino in compagnia di uomini e donne straordinari, umili e potenti, illustri e ignoti.