Il rapporto tra follia e santità è analizzato dall'autore mediante le sue competenze di psichiatra, anche se trattasi di una psichiatria che trova le proprie radici nella cultura. L'uomo parla di follia come riferendosi a un malato di mente. Per questo è lontano dalla "follia in Cristo" a cui, in questo libro, si farà un breve richiamo. Il senso di una tale affermazione religiosa è positivo e tende a esprimere una dedizione totale al vangelo, all'imitazione di Cristo, che è venuto sulla terra per essere crocifisso. Per essere trattato come un ladro, pur essendo il più giusto. Tutto ciò è talmente lontano dagli stili esistenziali da risultare totalmente diverso e, in quanto tale, folle. Ma proprio perché si tratta di un piano salvifico per l'intera umanità, risulta nella sostanza un comportamento adeguato, anzi l'unico possibile. Dipende insomma dalle prospettive di vita, dal senso che si vuole attribuire all'"essere nel mondo" e da questo senso dipenderà il valore di ogni gesto e delle stesse parole che lo descrivono. In una visione terrena, non ha alcun significato ritirarsi a digiunare in un deserto o ricercare, invece della felicità, la sofferenza. Un senso per cui follia sta per saggezza.